Uscendo da porta Cannara, si arriva a Capro, dove su di un’altura si trovano la chiesa ed il convento dell’Annunziata. Fondati da monaci benedettini di Sassovivo nell’XI secolo, nel 1078, secondo Candido Piatti, sulle rovine di una delle due rocche di Bevagna, come sostiene il Camassei, o di un munito castello sentinella avanzata di difesa cittadina a quota 231 m, la chiesa, detta di San Savino o Sant Ansovino di Capro, ed il convento sono dipendenti dell’Abbazia di Santa Croce di Sassovivo e nel 1138 da papa Innocenzo II posti sotto la protezione della Sede Apostolica.

Nel 1223 il monastero, come i principali monumenti della città di Bevagna, viene distrutto da Federico II.

L’Alberti ricorda una controversia tra il vescovo di Spoleto e l’Abbazia di Sassovivo relativa alla pertinenza della chiesa, per cui nel 1255 si giunge ad un accordo, confermato da Alessandro IV: la chiesa e la parrocchia ottengono la dipendenza del monastero di Sant’Apollinare di Sambro presso Collemancio con l’obbligo di versare annualmente 100 soldi alla cattedrale di Spoleto. Il luogo viene poi governato da un priore e dai Monaci Antichi di Sassovivo fino al 1439; abbandonato dai benedettini, nel 1487 il cardinale Marco Barbo, abbate commendatario di Sassovivo, con il consenso di papa Innocenzo VIII, (la bolla si conserva nell’archivio di Santa Maria degli Angeli) dopo aver concesso la chiesa e gli orti annessi ai PP. Minori Osservanti di San Francesco a Bevagna, autorizza l’apertura del convento, che prende il nome dell’Annunziata e trasferisce la cura delle anime alla chiesa di San Michele Arcangelo.

Gli stessi frati, otto anni dopo, all’ingresso della chiesa installano quel mirabile portale, tutto sobrio e tutto umbro, che esprime i segni della continuità classica e rinascimentale nella stessa data che ricorre signorilmente spaziata lungo l’architrave: M 495!

Con il lascito di Bernabeo Pucciati di Bevagna e l’intervento del Comune nel 1495, come è inciso sul portale, la chiesa dell’Annunziata viene restaurata ed ospita inizialmente nove frati. Essa ha le caratteristiche tipiche delle chiese osservanti: la facciata, semplice nell’architettura, è adorna di mensole di cotto ed è preceduta da un portico di mattoni con sei archi. Per il terremoto del 1832 cadde l’intera volta, che è stata rifatta in gesso e camorcanne. Il campanile viene edificato nel 1706. Nella parte esterne della chiesa verso oriente vi era una cappella dedicata a Sant’Antonio Abate con due altari e nel 1746 viene restaurata con una spesa di due scudi e cinquanta baiocchi ma poi rovinò con il terremoto del 1832 e non fu più riedificata. La bussola della porta della chiesa, l’orchestra, l’organo, i quattro confessionali, la balaustra sono stati realizzati nel 1851-1853. Nella parte esterna del convento sono visibili le piccole finestre del 1490, che usavano i frati. L’interno della chiesa è di dimensioni ridotte ed è ad una sola navata.

La Chiesa, sebbene non molto grande, è bella, ed ornata di sette altari, assai propri. Vi sono buone pitture, e tra le altre quella di S. Sebastiano del Camassei (…). Ma soprattutto va ammirato il magnifico “Altar maggiore di terra cotta invetriata”, di bella architettura, che tra eleganti pilastri e ricca trabeazione presenta un quadro di circa due metri d’altezza e poco meno di larghezza, in cui è figurata ad altorilievo l’Annunciazione.

L’opera, risalente a circa metà del XVI secolo, dopo averla attribuita indebitamente al maestro Giorgio Andreoli, a Luca della Robbia, a Giovanni della Robbia, o Luca il Giovane, oggi si pensa sia opera del fiorentino Santi Buglione (1494-1576), che ha lavorato anche alla decorazione della volta di una cappella di San Francesco d’Assisi. Nel 1840 la terracotta viene verniciata, coprendone il valore artistico, che nell’agosto 1921 viene ripristinato, togliendo i colori sovrapposti con la lavatura a potassa.

Nella chiesa vi sono, come dice l’Alberti, sette altari: l’altare maggiore, quelli dedicati a Sant’Antonio di Padova, San Pietro d’Alcantera, San Sebastiano, San Tommaso, San Giuseppe e l’altare in pietra, di forma maestosa, detto del Crocefisso per un crocefisso ligneo del ‘500, attribuibile a Giovanni Tedesco, il quale lavorò per molti conventi osservanti tra Perugia e la valle reatina.

Intorno al Crocefisso si trova l’affresco del Fantino della fine del ‘500 o dei primi anni del ‘600, che raffigura la Madonna e i santi Giovanni e Francesco.

Del Camassei è anche il San Sebastiano, che si trovava nel coro della chiesa, esso è stato portato nella pinacoteca di Bevagna nel 1900.

Annarita Falsacappa, Giovanni Mariotti, Paolo Porzi – BEVAGNA GEMMA DEL PIANO. Immagini insolite e storie inedite – Dimensione Grafica Editrice – 2013 – pp. 203-214

 

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